giovedì 24 dicembre 2015

Oscuro, sperimentale e romantico: ecco Blackstar, il nuovo album di David Bowie

David Bowie è tornato. Ed è sempre una notizia. Da anni ha detto basta alle tournée. Pochissime le uscite pubbliche. Ancora meno le interviste. L’unico modo con cui comunica al mondo (e ai suoi fan) è quindi la sua musica.


Di recente ha collaborato con canzoni a una pièce teatrale ispirata a L’uomo che cadde sulla Terra, scritta con il drammaturgo Enda Walsh e in scena in questi giorni a New York. Ma poi niente. E un disco è sempre un disco. Ecco perché l’uscita del nuovo album Blackstar, che giunge a tre anni dal precedente The Next Day, è una notizia.  Blackstar uscirà l’8 gennaio. È un album composto da 8 canzoni e se deve essere anche letto come una sorta di bollettino sullo stato d’animo e di creatività di Bowie, allora è un gran disco. Bowie sta bene: ama sperimentare ancora, sceglie arrangiamenti e dà forma alle nuove canzoni riuscendo a stupire, come ha sempre fatto nella sua carriera. Anche ricorrendo a un cantato che ricorda gli ultimi lavori di Scott Walker, da sempre un suo riferimento.  Critici americani lo hanno definito «un disco folle». È un disco di Bowie, verrebbe da dire. Tutt’altro che pazzo: è un disco che stupisce, cupo per certi passaggi. Là dove ti aspetti che una canzone stia per finire, parte un assolo. Oppure dove pensi che stia per arrivare un ritornello, ecco che entra una nuova strofa. E poi gli arrangiamenti: elettronica, rumori, strumenti a fiato che sembrano jazz d’avanguardia. Tutto sistemato con grande maestria.  L’ultimo singolo già in rete, Lazarus, che dà il titolo alla pièce teatrale di cui sopra, è solo un assaggio di quello che si ascolta nel disco. Meglio Sue (Or In A Season Of Crime), canzone pubblicata da Bowie nel 2014 e rifatta per il nuovo album: sette minuti, con una melodia monocorde, strumenti che si intrecciano come in una suite jazzistica. Oppure, Girl Loves Me: quasi una ballata elettronica dall’atmosfera dark. O ancora la title track, già presentata con un inquietante videoclip e usata come sigla della serie The Last Panthers.  Ci sono brani anche più morbidi, persino romantici: come Dollar Days, che inizia con sax e piano, seguiti una melodia orecchiabile. O ancora I Can’t Give Everything Away, forse il brano minore di tutto il disco, in cui Bowie pare persino un po’ prevedibile. Il resto è un giocare con la sperimentazione. Citando un po’ dal passato: soprattutto.

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